Rilke,”La pantera”–”Pantera”–”Der Panther”

 

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Il suo sguardo, per lo scorrere continuo delle sbarre,
e diventato cosi stanco, che non trattiene piu nulla.
E’ come se ci fossero mille sbarre intorno a lui,
e dietro le mille sbarre nessun mondo.

L’incedere morbido dei passi flessuosi e forti,
nel girare in cerchi sempre piu piccoli,
e come la danza di una forza intorno a un centro
in cui si erge, stordito, un gran volere.

Soltanto a tratti si alza, muto, il velo delle pupille.
Allora un’ immagine vi entra, si muove
Attraverso le membra silenziose e tese
E va a spegnersi nel cuore.
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Privirea ei, de bare perindate,
nimic nu mai retine, atît a obosit.
Par gratii mii si mii, iar dupa toate
întreaga lume parca a pierit.

Mladiul mers, pasirea ce-arcuieste,
în cercurile tot mai mici rotita,
e ca un dans de forta ce-ocoleste
un centru cu vointa amortita.

Valul pupilei cade cîteodata,
neauzit. Atunci un chip patrunde
prin linistea în membre încordata
si încetînd, în inima se-ascunde.
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Sein Blick ist vom Vorübergehn der Stabe
So müd geworden, dass er nichts mehr halt.
Ihm ist, als ob es tausend Stabe gäbe
Und hinter tausend Stabe keine Welt.

Der weiche Gang geschmeidig starker Schritte,
Der sich im allerkleinsten Kreise dreht,
Ist wie ein Tanz von Kraft um eine Mitte,
In der betäubt ein großer Wille steht.

Nur manchmal schiebt der Vorhang der Pupille
Sich lautlos auf-. Dann geht ein Bild hinein,
Geht durch der Glieder angespannte Stille –
Und hört im Herzen auf zu sein.

FRIEDRICH HÖLDERLIN,”HÄLFTE DES LEBENS”

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Con le sue pere gialle

e le sue rose selvatiche

la natura si riflette nel lago,

voi cari cigni ebbri di baci

immergete il vostro capo

nell’acqua sacra e pura.

Oh misero me, dove prendo, quando

è inverno, i fiori, e dove il raggio di sole,

e l’ombra della Terra?

I muri si ergono

senza parole e freddi, nel vento

stridono i vessilli.
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La moitié de la vie

Lourde de poires jaunes,

Et pleine de roses sauvages

La terre est penchée sur le lac,

Et vous, cygnes charmants,

Enivrés de baisers,

Vous trempez votre tête

Dans l’eau sobre et sacrée.

Où, malheureux, irai-je prendre,

Quand vient l’hiver, les fleurs, où

L’or du soleil,

Et l’ombre de la terre ?

Les murs sont là

Muets et froids, dans le vent

Les bannières tintent.
…………………………………………………
Mit gelben Birnen hänget

und voll mit wilden Rosen

das Land in den See,

ihr holden Schwäne,

und trunken von Küssen

tunkt ihr das Haupt

ins heilignüchternes Wasser.

Weh mir, wo nehm’ ich, wenn

es Winter ist, die Blumen, und wo

den Sonnenschein

und Schatten der Erde?

Die Mauern stehn

sprachlos und kalt, im Winde

klirren die Fahnen.

Georg Trakl,”Cântec de seară”–”Abendlied”

 

13151895_980358015382556_3946164689269204353_nSeara, când umblăm pe cărări întunecate
Ne răsar în faţă palidele noastre făpturi.

Când însetăm
Sorbim apele albe ale iazului,
Mierea tristei noastre copilării.

Răposaţi, ne odihnim în umbra socului,
Privim pescăruşii suri.

Nori de primăvară cresc peste oraşul sumbru,
Care tăinuieşte preaînălţatele vremi ale călugărilor.

Când îţi prindeam mâinile subţiri
Lin deschideai în tăcere ochii rotunzi.
E mult de atunci.

Totuşi, când întunecata armonie bântuie sufletul
Apari, tu, albă, în peisajul de toamnă al prietenului.
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Am Abend, wenn wir auf dunklen Pfaden gehn,
Erscheinen unsere bleichen Gestalten vor uns.

Wenn uns dürstet,
Trinken wir die weißen Wasser des Teichs,
Die Süße unserer traurigen Kindheit.

Erstorbene ruhen wir unterm Hollundergebüsch,
Schaun den grauen Möven zu.

Frühlingsgewölke steigen über die finstere Stadt,
Die der Mönche edlere Zeiten schweigt.
Da ich deine schmalen Hände nahm

Schlugst du leise die runden Augen auf,
Dieses ist lange her.

Doch wenn dunkler Wohllaut die Seele heimsucht,
Erscheinst du Weiße in des Freundes herbstlicher Landschaft.

Jorge Luis Borges ,”La Vecchiaia Puo Essere il Tempo Della Nostra Felicita”-‘La vejez (tal es el nombre que los otros le dan) puede ser el tiempo de nuestra dicha.”

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L’animale e morto o e quasi morto.
Rimangono l’uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
e diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell’Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappo gli occhi per pensare;
il tempo e stato il mio Democrito.
Questa penombra e lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all’eternita.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma e una dolcezza, un ritorno.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avro letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall’Est, dall’Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto sapro chi sono.
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La vejez (tal es el nombre que los otros le dan)
puede ser el tiempo de nuestra dicha.
El animal ha muerto o casi ha muerto.
Quedan el hombre y su alma.
Vivo entre formas luminosas y vagas
que no son aún la tiniebla.
Buenos Aires,
que antes se desgarraba en arrabales
hacia la llanura incesante,
ha vuelto a ser la Recoleta, el Retiro,
las borrosas calles del Once
y las precarias casas viejas
que aún llamamos el Sur.
Siempre en mi vida fueron demasiadas las cosas;
Demócrito de Abdera se arrancó los ojos para pensar;
el tiempo ha sido mi Demócrito.
Esta penumbra es lenta y no duele;
fluye por un manso declive
y se parece a la eternidad.
Mis amigos no tienen cara,
las mujeres son lo que fueron hace ya tantos anos,
las esquinas pueden ser otras,
no hay letras en las páginas de los libros.
Todo esto debería atemorizarme,
pero es una dulzura, un regreso.
De las generaciones de los textos que hay en la tierra
sólo habré leído unos pocos,
los que sigo leyendo en la memoria,
leyendo y transformando.
Del Sur, del Este, del Oeste, del Norte,
convergen los caminos que me han traído
a mi secreto centro.
Esos caminos fueron ecos y pasos,
mujeres, hombres, agonías, resurrecciones,
días y noches,
entresuenos y suenos,
cada ínfimo instante del ayer
y de los ayeres del mundo,
la firme espada del danés y la luna del persa,
los actos de los muertos,
el compartido amor, las palabras,
Emerson y la nieve y tantas cosas.
Ahora puedo olvidarlas. Llego a mi centro,
a mi álgebra y mi clave,
a mi espejo.
Pronto sabré quién soy.

Antonia Pozzi,”Guardami: sono nuda, Poesia.”

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Guardami: sono nuda. Dall’inquieto
languore della mia capigliatura
alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color d’avorio.
Guarda: pallida e la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
palpito azzurro sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
e la curva dei fianchi, ma i ginocchi
e le caviglie e tutte le giunture,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m’inarco nuda, nel nitore
del bagno bianco e m’inarchero nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prendera. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
staro, quando la morte avra chiamato.

Charles Baudelaire,”Il nemico” –”L’ennemi”

Charles Baudelaire,”Il nemico” –”L’ennemi”

La mia giovinezza non fu che una oscura tempesta,
traversata qua e là da soli risplendenti;
tuono e pioggia l’hanno talmente devastata
che non rimane nel mio giardino altro che qualche fiore vermiglio.

Ecco, ho toccato ormai l’autunno delle idee,
è ora di ricorrere al badile e al rastrello
per rimettere a nuovo le terre inondate
in cui l’acqua ha aperto buchi larghi come tombe.

E chissà se i fiori nuovi che vado sognando troveranno,
in un terreno lavato come un greto,
il mistico alimento cui attingere forza…

O dolore, o dolore, il Tempo si mangia la vita
e l’oscuro Nemico che ci divora il cuore
cresce e si fortifica del sangue che perdiamo.

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Ma jeunesse ne fut qu’un ténébreux orage,
Traversé çà et là par de brillants soleils ;
Le tonnerre et la pluie ont fait un tel ravage,
Qu’il reste en mon jardin bien peu de fruits vermeils.

Voilà que j’ai touché l’automne des idées,
Et qu’il faut employer la pelle et les râteaux
Pour rassembler à neuf les terres inondées,
Où l’eau creuse des trous grands comme des tombeaux.

Et qui sait si les fleurs nouvelles que je rêve
Trouveront dans ce sol lavé comme une grève
Le mystique aliment qui ferait leur vigueur ?

– Ô douleur ! ô douleur ! Le Temps mange la vie,
Et l’obscur Ennemi qui nous ronge le coeur
Du sang que nous perdons croît et se fortifie !11128132_793798607371832_7127057878084180552_n