Cesare Pavese, ”Paesaggio”

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I ricordi cominciano nella sera
sotto il fiato del vento a levare il volto
e ascoltare la voce del fiume. L’acqua
è la stessa, nel buio, degli anni morti.

Nel silenzio del buio sale uno sciacquo
dove passano voci e risa remote;
s’accompagna al brusío un colore vano
che è di sole, di rive e di sguardi chiari.
Un’estate di voci. Ogni viso contiene
come un frutto maturo un sapore andato.

Ogni occhiata che torna, conserva un gusto
di erba e cose impregnate di sole a sera
sulla spiaggia. Conserva un fiato di mare.
Come un mare notturno è quest’ombra vaga
di ansie e brividi antichi, che il cielo sfiora
e ogni sera ritorna. Le voci morte
assomigliano al frangersi di quel mare.

 

Georg Trakl,”Cântec pentru o mierlă captivă”……”Gesang einer gefangenen Amsel”

Sumbră răsuflare prin crengile verzi.
Mici flori albastre, plutind, împresoară
Chipul însinguraticului, pasul de aur
Murind sub măslin.
Cu aripi bete fâlfâie noaptea.
Nespus de blând sângerează umilinta,
Rouă ce picură încet de pe spinu – nflorit .
Îndurarea strălucitoarelor brate
Cuprinde o inimă care se frânge .11083836_861799360571756_5486843011287535916_n

Dunkler Odem im grünen Gezweig.

Blaue Blümchen umschweben das Antlitz

Des Einsamen, den goldnen Schritt

Ersterbend unter dem Ölbaum.

Aufflattert mit trunknem Flügel die Nacht.

So leise blutet Demut,

Tau, der langsam tropft vom blühenden Dorn.

Strahlender Arme Erbarmen

Umfängt ein brechendes Herz.

Georg Trakl

Mark Strand,”Il mio nome”-”My name ”

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Una sera che il prato era verde oro e gli alberi,
marmo venato alla luna, si ergevano come nuovi mausolei
di strida e brusii di insetti, io stavo sdraiato sull’erba,
ad ascoltare le immense distanze aprirsi su di me, e mi chiedevo
cosa sarei diventato e dove mi sarei trovato,
e quanto a malapena esistessi, per un attimo sentii
che il cielo vasto e affollato di stelle era mio, e udii
il mio nome come per la prima volta, lo udii
come si sente il vento o la pioggia, ma flebile e distante
come se appartenesse non a me ma al silenzio
dal quale era venuto e al quale sarebbe tornato.
––––––––
Once when the lawn was a golden green
and the marbled moonlit trees rose like fresh memorials
in the scented air, and the whole countryside pulsed
with the chirr and murmur of insects, I lay in the grass,
feeling the great distances open above me, and wondered
what I would become and where I would find myself,
and though I barely existed, I felt for an instant
that the vast star-clustered sky was mine, and I heard
my name as if for the first time, heard it the way
one hears the wind or the rain, but faint and far off
as though it belonged not to me but to the silence
from which it had come and to which it would go.

Cristina Campo,”La clessidra”

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Ora che capovolta è la clessidra,
che l’avvenire, questo caldo sole,
già mi sorge alle spalle, con gli uccelli
ritornerò senza dolore
a Bellosguardo: là posai la gola
su verdi ghigliottine di cancelli
e di un eterno rosa
vibravano le mani, denudate di fiori.
Oscillante tra il fuoco degli uliveti,
Brillava Ottobre antico, nuovo amore.
Muta, affilavo il cuore
al taglio di impensabili aquiloni
(già prossimi, già nostri, già lontani):
aeree bare, tumuli nevosi
del mio domani giovane, del sole.

Friedrich Hölderlin,”Da ich ein Knabe war ”-”Când eram copil”

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Când eram copil
De multe ori un zeu mă scăpa
De stigătul şi dojana oamenilor;
Şi mă jucam
Cu florile crângului
Iar adierile cereşti
Se jucau cu mine.

Şi astfel cum tu înveseleşti
Inima plantelor
Când ele către tine
Îşi ridică braţele plăpânde,

Tot astfel ei îmi înveseleau inima,
Helios, Endimion…
Am fost alintatul tău,
Singuratică Lună!

O, voi,
Prieteni zei!
Dac-aţi şti voi
Cît de mult vă iubeşte sufletul meu!

Uneori
Nu vă chemam pe nume, şi nici voi
Nu-mi dădeaţi un nume, aşa cum îşi dau oamenii între ei
Ca şi cum ar fi obiecte.

Eu vă ştiu cu inima mai bine
Decât am ştiut vreodată un om.
Pricep tăcerea cerului,
Vorbele oamenilor nu le-am priceput niciodată.

De mine a avut grijă lumina
Crângului plin de freamăt,
Şi am învăţat să iubesc
Printre flori.

În braţele zeilor am crescut.
–––––––
Da ich ein Knabe war,
Rettet’ ein Gott mich oft
Vom Geschrei und der Rute der Menschen,
Da spielt ich sicher und gut
Mit den Blumen des Hains,
Und die Lüftchen des Himmels
Spielten mit mir.

Und wie du das Herz
Der Pflanzen erfreust,
Wenn sie entgegen dir
Die zarten Arme strecken,

So hast du mein Herz erfreut,
Vater Helios! und, wie Endymion,
War ich dein Liebling,
Heilige Luna!

Oh all ihr treuen
Freundlichen Götter!
Daß ihr wüßtet,
Wie euch meine Seele geliebt!

Zwar damals rief ich noch nicht
Euch mit Namen, auch ihr
Nanntet mich nie, wie die Menschen sich nennen
Als kennten sie sich.

Doch kannt ich euch besser,
Als ich je die Menschen gekannt,
Ich verstand die Stille des Aethers,
Der Menschen Worte verstand ich nie.

Mich erzog der Wohllaut
Des säuselnden Hains
Und lieben lernt ich
Unter den Blumen.

Im Arme der Götter wuchs ich groß.

Anne Sexton, ”Al mio amante che torna da sua moglie”

Lei e tutta la.
Per te con maestria fu fusa e fu colata,
per te forgiata fin dalla tua infanzia,
con le tue cento biglie predilette fu costrutta.
Lei e sempre stata la, mio caro.
Infatti e deliziosa.
Fuochi d’artificio in un febbraio uggioso
e concreta come pentola di ghisa.
Diciamocelo, sono stata di passaggio.
Un lusso.
Una scialuppa rosso fuoco nella cala.
Mi svolazzano i capelli dal finestrino.
Son fumo, cozze fuori stagione.
Lei e molto di piu.
Lei ti e dovuta,
t’incrementa le crescite usuali e tropicali.
Questo non e un esperimento.
Lei e tutta armonia.
S’occupa lei dei remi e degli scalmi del canotto,
ha messo fiorellini sul davanzale a colazione,
s’e seduta a tornire stoviglie a mezzogiorno,
ha esposto tre bambini al plenilunio,
tre puttini disegnati da Michelangelo,
l’ha fatto a gambe spalancate
nei mesi faticosi alla cappella.
Se dai un’occhiata, i bambini sono lassu
sospesi alla volta come delicati palloncini.
Lei li ha anche portati a nanna dopo cena,
e loro tutt’e tre a testa bassa,
piccati sulle gambette, lamentosi e riluttanti,
e la sua faccia avvampa neniando il loro
poco sonno.
Ti restituisco il cuore.
Ti do libero accesso:
al fusibile che in lei rabbiosamente pulsa,
alla cagna che in lei tramesta nella sozzura,
e alla sua ferita sepolta
alla sepoltura viva della sua piccola ferita rossa
al pallido bagliore tremolante sotto le costole,
al marinaio sbronzo in aspettativa nel polso
sinistro,
alle sue ginocchia materne, alle calze,
alla giarrettiera per il richiamo
lo strano richiamo
quando annaspi tra braccia e poppe
e dai uno strattone al suo nastro arancione
rispondendo al richiamo, lo strano richiamo.
Lei e cosi nuda, e unica.
E la somma di te e dei tuoi sogni.
Montala come un monumento, gradino per gradino.
lei e solida.
Quanto a me, io sono un acquerello.
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Maram al Masri, „Ciliegie rosse su piastrelle bianche”

1

Sono la ladra di caramelle,
davanti alla tua bottega,
le mie dita sono diventate appiccicose,
e non sono riuscita
a mettermene una sola
in bocca.

2

Che sciocchezza!
il mio cuore ogni volta che sente bussare
apre.

3

M’infiamma il desiderio
e brillano i miei occhi.
Sistemo la morale nel primo cassetto che trovo,
mi muto in demonio,
e bendo gli occhi dei miei angeli
per
un bacio.

4

Sono spaventata
come una gazzella davanti agli occhi della tua fame,
amami in silenzio
e lasciami
interrogarmi.

5

Aspetto,
e cosa aspetto ?
Un uomo carico di fiori
e di parole dolci.
Un uomo
che mi guardi e mi veda.
Che mi parli e m’ascolti.
un uomo che pianga
per me.
Provo pieta per lui
e l’amo.

6

Ho visto le tracce
dei passi,
punti neri
che vanno e vengono.
La neve bianca
cosiddetta
pura,
ha tradito
gli uccelli, i gatti
ed i fantasmi dei miei pensieri,
prima che sorga il pigro sole,
per cancellare
tutto.

7

Bussano.
Chi sara?
Nascondo la polvere della mia solitudine
sotto il tappeto,
aggiusto il mio sorriso,
ed apro.

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Charles Baudelaire, ”An eine die vorüberging”-”A une passante”

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Portrait-Emile Deroy, 1844

Der wilde Straßenlärm betäubend mich umfing.
In tiefer Trauer, groß und schlank, ein Bild des Leides
Kam eine Frau vorbei und hob den Saum des Kleides
Mit zierlich feiner Hand, da sie vorüberging,

In stolzer Freiheit, wie ein Marmorbild, das schreitet.
Ich aber trank gebannt und gleichsam wie im Wahn
Aus ihren Augen, wie ein Himmel im Orkan,
Die Süße die entzückt, die Lust die Tod bereitet.

Ein Blitz … und wieder Nacht! —O Schönheit, die mir flieht,
Und die mit ihrem Blick mich plötzlich neu geboren,
Ob vor der Ewigkeit mein Aug dich wiedersieht?

Vorbei! zu spät! vielleicht für immer mir verloren!
Du weißt nicht, wer ich bin, ich weiß nicht, wie du heißt,
Doch hätt ich dich geliebt und weiß, daß du es weißt!
––––––––––––
La rue assourdissante autour de moi hurlait.
Longue, mince, en grand deuil, douleur majestueuse,
Une femme passa, d’une main fastueuse
Soulevant, balançant le feston et l’ourlet ;

Agile et noble, avec sa jambe de statue.
Moi, je buvais, crispé comme un extravagant,
Dans son oeil, ciel livide où germe l’ouragan,
La douceur qui fascine et le plaisir qui tue.

Un éclair… puis la nuit ! – Fugitive beauté
Dont le regard m’a fait soudainement renaître,
Ne te verrai-je plus que dans l’éternité ?

Ailleurs, bien loin d’ici ! trop tard ! jamais peut-être !
Car j’ignore où tu fuis, tu ne sais où je vais,
Ô toi que j’eusse aimée, ô toi qui le savais !