Santo Lo Curzio,”Nonostante…”

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Eppure danzo con le parole, ci vivo,
mi avvolgono roteando come questo vento
e d’Inverno mi colmono di pudica neve
e d’Estate sono acquazzoni improvvisi
raggi di sole sulle rose dell’orto dei limoni.
Eppure, nonostante, non trovo i versi per te!
Trovo i fiori di campo, le altere orchidee,
trovo i sorrisi a ciotoli di fiume, i meandri
trovo le alghe a fili, a palle, le conchiglie
le onde che ti portano vicino e poi lontano
pero, per tutte le muse, non trovo i versi per te!
Eppure lo giuro io so scrivere, descrivere,
so raccontare leggende, storie, miti, amori
so girovagare con le virgole di lune,
so mettere in fila le parole, a girotondo, a labirinto
so srotolare le matasse, cardare, sbiancare le lane
conosco i segni arcani, eleusini, i ditirambi
conosco i linguaggi delle Pizie, delle Sibille, Sirene
pero, per Afrodite, non trovo versi per l’Erano
per tanta meravigliosa bellezza, per il tuo viso
tu lo sai perche mentre mi leggi, godi recitandomi
che dovrai lusingarti solo dei miei baci nudi, muti!

Seamus Heaney,”La mure”–”Blackberry-picking”

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Seamus Heaney, „La mure – Blackberry-picking”
Pe la sfârșitul lui august, după mult soare și ploaie
Cam într-o săptămână, murele se coceau.
La început numai una, un bulgăraș mov lucios,
Printre altele, roșii și verzi, și dure ca un nod.
Ai mâncat-o pe prima, iar carnea ei era dulce
Ca un vin gros: în ea era tot sângele verii.
Limba ni se înnegrea, ne venea pofta să le culegem.
Apoi se coceau și murele roșii. Iar foamea ne ducea
Cu cutii de conserve de lapte, de mazăre și de gem
Pe unde rugii ne zgâriau, și cizmele ni le ne spăla
Iarba udă, prin porumbișți și fânețe, prin rânduri de cartofi.
Am tot umblat și-am cules până tinichelele s-au umplut,
Iar fundul lor gol și zornăitor se acoperise cu
Unele verzi, deasupra arzând marile pete întunecate
Ca o farfurie cu ochi. Mâinile noastre erau zgâriate
De spini, palmele ni se lipeau ca ale lui Barbă Albastră.
Murele adunate le adăposteam într-un staul.
Însă până să umplem ieslea, precum o blană
De șobolan se întinsese o ciupercă de care nouă ni
Se făcea greată. Iar sucul mirosea. Odată culese
De pe tufiș murele fermentau, carnea lor dulce se-acrea.
Întotdeauna-mi venea să plâng. Nu era drept
Ca toate încântătoarele veri să miroasă a putregai.
În fiece an sperasem că ele au să rămână, chiar
Dacă știusem dintotdeauna că nu se vor păstra.
-traducere de Catalina Franco-
_____________________________
Late August, given heavy rain and sun
For a full week, the blackberries would ripen.
At first, just one, a glossy purple clot
Among others, red, green, hard as a knot.
You ate that first one and its flesh was sweet
Like thickened wine: summer’s blood was in it
Leaving stains upon the tongue and lust for
Picking. Then red ones inked up and that hunger
Sent us out with milk cans, pea tins, jam-pots
Where briars scratched and wet grass bleached our boots.
Round hayfields, cornfields and potato-drills
We trekked and picked until the cans were full,
Until the tinkling bottom had been covered
With green ones, and on top big dark blobs burned
Like a plate of eyes. Our hands were peppered
With thorn pricks, our palms sticky as Bluebeard’s.
We hoarded the fresh berries in the byre.
But when the bath was filled we found a fur,
A rat-grey fungus, glutting on our cache.
The juice was stinking too. Once off the bush
The fruit fermented, the sweet flesh would turn sour.
I always felt like crying. It wasn’t fair
That all the lovely canfuls smelt of rot.
Each year I hoped they’d keep, knew they would not.

Giovani Giudici,”Una sera come tante”

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Una sera come tante, e nuovamente
noi qui, chissà per quanto ancora, al nostro
settimo piano, dopo i soliti urli
i bambini si sono addormentati,
e dorme anche il cucciolo i cui escrementi
un’altra volta nello studio abbiamo trovati.
Lo batti coi giornali, i suoi guaìti commenti.
Una sera come tante, e i miei proponimenti
intatti, in apparenza, come anni
or sono, anzi più chiari, più concreti:
scrivere versi cristiani in cui si mostri
che mi distrusse ragazzo l’educazione dei preti;
due ore almeno ogni giorno per me;
basta con la bontà, qualche volta mentire.
Una sera come tante (quante ne resta a morire
di sere come questa?) e non tentato da nulla,
dico dal sonno, dalla voglia di bere,
o dall’angoscia futile che mi prendeva alle spalle,
né dalle mie impiegatizie frustrazioni:
mi ridomando, vorrei sapere,
se un giorno sarò meno stanco, se illusioni
siano le antiche speranze della salvezza;
o se nel mio corpo vile io soffra naturalmente
la sorte di ogni altro, non volgare
letteratura ma vita che si piega al suo vertice,
senza né più virtù né giovinezza.
Potremo avere domani una vita più semplice?
Ha un fine il nostro subire il presente?
Ma che si viva o si muoia è indifferente,
se private persone senza storia
siamo, lettori di giornali, spettatori
televisivi, utenti di servizi:
dovremmo essere in molti, sbagliare in molti,
in compagnia di molti sommare i nostri vizi,
non questa grigia innocenza che inermi ci tiene
qui, dove il male è facile e inarrivabile il bene.
È nostalgia di futuro che mi estenua,
ma poi d’un sorriso si appaga o di un come-se-fosse!
Da quanti anni non vedo un fiume in piena?
Da quanto in questa viltà ci assicura
la nostra disciplina senza percosse?
Da quanto ha nome bontà la paura?
Una sera come tante, ed è la mia vecchia impostura
che dice: domani, domani… pur sapendo
che il nostro domani era già ieri da sempre.
La verità chiedeva assai più semplici tempre.
Ride il tranquillo despota che lo sa:
mi calcola fra i suoi lungo la strada che scendo.
C’è più onore in tradire che in esser fedeli a metà.

Piero Ciampi

Non so piu niente della tua vita,
non so neppure se mi vuoi bene,
se io ti manco, se vivi sola,
se hai la pace: non so piu niente.

E questa vita che continua
amara, senza di te…
Continua sempre questa esistenza,
continua anche senza di te, senza di te.

E questa vita che continua
amara, senza di te…
Continua sempre questa esistenza,
questo deserto pieno di voci.

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Wislawa Szymborska

 

 

12985501_1170454529633775_2620075445696506011_nUna delle tante date
Che non mi dicono più nulla.

Dove sono andata quel giorno,
che cosa ho fatto – non lo so.

Se lì vicino fosse stato commesso un delitto
– non avrei un alibi.

Il sole sfolgorò e si spense
Senza che ci facessi caso.
La terra ruotò
E non ne presi nota.

Mi sarebbe più lieve pensare
Di essere morta per poco,
piuttosto che ammettere di non ricordare nulla
benché sia vissuta senza interruzioni.

Non ero un fantasma, dopotutto,
respiravo, mangiavo,
si sentiva
il rumore dei miei passi,
e le impronte delle mie dita
dovevano restare sulle maniglie.

Lo specchio rifletteva la mia immagine.
Indossavo qualcosa d’un qualche colore.
Certamente più d’uno mi vide,

Forse quel giorno
Trovai una cosa andata perduta.
Forse ne persi una trovata poi.

Ero colma di emozioni e impressioni.
Adesso tutto questo è come
Tanti puntini tra parentesi.

Dove mi ero rintanata,
dove mi ero cacciata –
niente male come scherzetto
perdermi di vista così.

Scuoto la mia memoria –
Forse tra i suoi rami qualcosa
Addormentato da anni
Si leverà con un frullo.

Szymborska Wislawa

Giuseppe Ungaretti,”Giorno per giorno”

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„Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto…”
E il volto gia scomparso
Ma gli occhi ancora vivi
Dal guanciale volgeva alla finestra,
E riempivano passeri la stanza
Verso le briciole dal babbo sparse
Per distrarre il suo bibmo…

2.

Or apotro baciare solo in sogno
Le fiduciose mani…
E discorro, lavoro,
Sono appena mutato, temo, fumo…
Come si puo ch’io regga a tanta notte?…

3.

Mi porteranno gli anni
Chissa quali altri orrori,
Ma ti sentivo accanto,
M’avresti consolato…

4.

Mai, non saprete mai come m’illumina
L’ombra che mi si pone a lato, timida,
Quando non spero piu…

7.

In cielo cerco il tuo felice volto,
Ed i miei occhi in me null’altro vedano
Quando anch’essi vorra chiudere Iddio…

8.

E t’amo, t’amo, ed e continuo schianto!…

10.

Sono tornato ai colli, ai pini amati
E del ritmo dell’aria il patrio accento
Che non riudro con te,
Mi spezza ad ogni soffio…

11.

Passa la rondine e con essa estate,
E anch’io, mi dico, passero…
Ma resti dell’amore che mi strazia
Non solo segno un breve appannamento
Se dall’inferno arrivo a qualche quiete…

12.

Sotto la scure il disilluso ramo
Cadendo si lamenta appena, meno
Che non la foglia al tocco della brezza…
E fu la furia che abbatte la tenera
Forma e la premurosa
Carita d’una voce mi consuma…

13.

Non piu furori reca a me l’estate,
Ne primavera i suoi presentimenti;
Puoi declinare, autunno,
Con le tue stolte glorie:
Per uno spoglio desiderio, inverno
Distende la stagione piu clemente!…

15.

Rievochero senza rimorso sempre
Un’incantevole agonia di sensi?
Ascolta, cieco: „Un’anima e partita
Dal comune castigo ancora illesa…”

Mi abbattera meno di non piu udire
I gridi vivi della sua purezza
Che di sentire quasi estinto in me
Il fremito pauroso della colpa?

17.

Fa dolce e forse qui vicino passi
Dicendo: „Questo sole e tanto spazio
ti calmino. Nel puro vento udire
Puoi il tempo camminare e la mia voce.
Ho in me raccolto a poco a poco e chiuso
Lo slancio muto della tua speranza.
Sono per te l’aurora e intatto giorno”

Margherita Guidacci , ”La sabbia e l’angelo”

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I
Non occorrevano i templi in rovina sul limitare dei deserti,
Con le colonne mozze e le gradinate che in nessun luogo conducono;]
Né i relitti insabbiati, le ossa biancheggianti lungo il mare;
E nemmeno la violenza del fuoco contro i nostri campi e le case.
Bastava che l’ombra sorgesse dall’angolo piu quieto della stanza,
O vegliasse dietro la nostra porta socchiusa –
La fine pioggia ai vetri, un pezzo di latta che gemesse nel vento:
Noi sapevamo gia di appartenere alla morte.

II
Se vuoi lasciare la tua impronta, o uomo, scalfisci piuttosto la sabbia,]
Perché la piu alta torre diverra sabbia alla fine.
Scrivi il tuo nome sul lido deserto, e prega il mare che presto lo cuopra di lamento:]
Perché tu stesso sei sabbia, sei la morte che dopo di te rimane.

III
Ogni volta che dicemmo addio;
Ogni volta che verso la fanciullezza ci volgemmo, alle nostre spalle caduta,]
(Tremando l’anima al suo lungo lamento);
Ogni volta che dall’amato ci staccammo nel freddo chiarore dell’alba;]
Ogni volta che vedemmo su morti occhi l’enigma richiudersi;
O anche quando semplicemente ascoltavamo il vento nelle strade deserte,]
E guardavamo l’autunno trascorrere sulla collina,
Stava l’Angelo al nostro fianco e ci consumava.

IV
Ora il nostro amore si spandera nella vigna e nel grano,
Il nostro veleno nei cactus e negli spini crudeli.
Si curveranno i vivi alle sorgenti, diranno:
“Chi spinse verso noi l’acqua da occulte vene del mondo?”
E molto prima che il freddo li colga e la notte sul loro cuore s’adagi,]
Anche in un meriggio d’api e di succhi ardenti,
Conosceranno l’angoscia, perché potenti noi siamo e vicini,
E non vi e fuga dal cerchio in cui gia li stringiamo,
Con ogni stelo da noi sorto e ogni frutto che colmo e grave alla nostra terra s’inchina.]

V
Furono ultime a staccarsi le voci. Non le voci tremende
Della guerra e degli uragani,
E nemmeno voci umane ed amate,
Ma mormorii d’erbe e d’acque, risa di vento, frusciare
Di fronde tra cui scoiattoli invisibili giocavano,
Ronzio felice d’insetti attraverso molte estati
Fino a quell’insetto che piu insistente ronzava
Nella stanza dove noi non volevamo morire.
E tutto si confuse in una nota, in un fermo
E sommesso tumulto, come quello del sangue
Quando era vivo il nostro sangue. Ma sapevamo ormai
Che a tutto cio era impossibile rispondere.
E quando l’Angelo ci chiese. “Volete ancora ricordare?”
Noi stessi l’implorammo: “Lascia che venga il silenzio!”

VI
Non il ramo spezzato, non l’erba scomposta lungo il sentiero
Ci dicevano il suo passaggio, ma il tocco di solitudine
Che ogni cosa in sé custodiva ed a noi rendeva, liberando
Dopo il messaggio consueto l’altra, l’ignota parola.
Come trasalivamo ascoltandola, come s’orientava sicuro
Il nostro cuore sull’invisibile traccia!
Cosi noi sempre ti seguimmo, Dominatore ed Amato,
Né ci sorprende la bianca luce in cui svelato al nostro fianco cammini]
(Ora che l’ombra carnale e tramontata sul meridiano della morte)
Perché da lungo tempo te solo conoscevamo, a te solo
Obbedivamo, tua destinata preda,
Trascinando sulle vie della terra la tua celeste catena straniera.

Hesse,”Rosa purpurea”

Ti avevo cantato una canzone.
Tu tacevi. La tua destra tendeva
con dita stanche una grande,
rossa, matura rosa purpurea.

E sopra di noi con estraneo fulgore
si alzo la mite notte d’estate,
aperta nel suo meraviglioso splendore,
la prima notte che noi godemmo.

Sali e piego il braccio oscuro
intorno a noi ed era cosi calma e calda.
E dal tuo grembo silenziosa scrollasti
I petali di una rosa purpurea

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Paul Celan,” La rose de personne”-”Niemands Rose”

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Il y avait de la terre en eux, et
ils creusaient.
Ils creusaient, creusaient, ainsi
passa leur jour, leur nuit. Ils ne louaient pas Dieu
qui – entendaient-ils – voulait tout ça,
qui – entendaient-ils – savait tout ça.
Ils creusaient, et n’entendaient plus rien ;
ils ne devinrent pas sages, n’inventèrent pas de chanson,
n’imaginèrent aucune sorte de langue.
Ils creusaient.
Il vint un calme, il vint aussi une tempête,
vinrent toutes les mers.
Je creuse, tu creuses, il creuse aussi le ver,
et ce qui chante là-bas dit : ils creusent.
Ô un, ô nul, ô personne, ô toi :
où ça menait, si vers nulle part ?
Ô tu creuses et je creuse, je me creuse jusqu’à toi –
à notre doigt l’anneau s’éveille.
__________

Es war erde in ihnen, und
sie gruben.
Sie gruben und gruben, so ging
ihr Tag dahin, ihre Nacht. Und sie lobten nicht Gott,
der, so hörten sie, alles dies wollte,
der, so hörten sie, alles dies wusste.
Sie gruben und hörten nichts mehr ;
sie wurden nicht weise, erfanden kein Lied,
erdachten sich keinerlei Sprache.
Sie gruben.
Es kam eine Stille, es lam auch ein Sturm,
es kamen die Meere alle.
Ich grabe, du gräbst, und es gräbt auch der Wurm,
und das Singende dort sagt : sie graben.
O einer, o keiner, o niemand, o du :
Wohin ging’s, da’s nirgendhin ging ?
O du gräbst und ich grab, und ich grab mich dir zu,
und am Finger erwacht uns der Ring.