Pablo Neruda,”Grazie”-”Gracias”

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Grazie alla parola
che ringrazia,
grazie e grazie
per
quanto questa parola
scioglie neve o ferro.
Il mondo appare minaccioso
finché soave
come una piuma,
chiara,
o dolce come un petalo di zucchero,
di bocca in bocca
passa
la parola grazie,
grande, a bocca piena
o sussurrata,
appena mormorata,
l’essere quindi torna al suo essere uomo
non finestra,
un certo chiarore
si spinge dentro il bosco,
ed e possibile allora cantare sotto le foglie.
Grazie, sei la pillola
contro
gli ossidi taglienti del disprezzo,
la luce contro l’altare della durezza.
Forse
anche tappetto magico
tra i piu distanti uomini
sei stata.
I tuoi passeggeri
si sparpagliarono
nella natura
e ancora
nella selva
degli sconosciuti,
merci,
mentre il treno frenetico
cambia patria,
cancella frontiere,
spasiba,
accanto agli appuntiti
vulcani, freddo e fuoco,
thanks, si, grazie, e allora
si trasforma in tavolo la terra,
una sola parola l’imbandisce
splendono piatti e coppe,
risuonano forchette
e sembrano tovaglie le pianure.
Grazie, grazie
alla tua partenza e al tuo ritorno
alla salita
e alla discesa.
Ci siamo capiti, no
tu lo riempi tutto
parola grazie,
ma li dove appare
il tuo piccolo petalo
si nascondono i pugnali dell’orgoglio,
e nascono due soldi di sorriso.

________
Gracias a la palabra
que agradece,
gracias a gracias
por
cuanto esta palabra
derrite nieve o hierro.
El mundo paecía amenazante
hasta que suave
como pluma
clara,
o dulce como pétalo de azúcar,
de labio en labio
pasa
gracias,
grandes a plena boca
o susurrantes,
apenas murmulladas,
y el ser volvió a ser hombre
y no ventana,
alguna claridad
entró en el bosque.
fue posible cantar bajo las hojas.
Gracias, eres la píldora
contra
los óxidos cortantes del desprecio,
la luz contra el altar de la dureza.
Tal vez
también tapiz
entre los más distantes hombres
fuiste.
Los pasajeros
se diseminaron
en la naturaleza
y entonces
en la selva
de los desconocidos,
merci,
mientras el tren frénetico
cambia de patria,
borra las fronteras,
spasivo,
junto a los puntiagudos
volcanes, frío y fuego,
thanks, sí, gracias, y entonces
se transforma la tierra en una mesa.
una palabra la limió,
brillan platos y copas,
suenan los tenedores
y parecen manteles las llanuras.
Gracias, gracias,
que viajes y que vuelvas,
que subas
y que bajes.
Está entendido, no
lo llenas todo,
palabra gracias,
pero
donde aparece
tu pétalo pequeno
se esconden los punales del orgullo,
y aparece un centavo de sonrisa.

Odysseas Elytis, ”Il dispiacere”

293894_274757049311378_1181460440_n”Il dispiacere”
Qui nel mezzo del cammino
e arrivato il momento di dirlo
altre sono le cose che amo
ma altrove altrove mi son diretto.

Nel vero e nel falso
lo dico e lo confesso.
Come fossi un altro e non gia io
ho proceduto nella vita.

Per quanto uno stia in guardia
per quanto vada in caccia
sempre sempre sara tardi
e non c’e un’altra vita.
__________
”La complainte”

Sur le sentier a midi
Enfin le dire j’ose
Que j’aime autre chose
Pour cet autre j’ai entrepris.

Sincerement ou pas
Je le dis et je l’ai admis
J’ai cheminé dans la vie
Comme si j’étais un autre, pas moi

Aussi attentif que l’on soit
Autant qu’on poursuive un parcours
Il sera toujours trop tard, toujours
On ne vit qu’une fois.
____
”The complaint”

Here I am, halfway,
and I have to say it :
It’s other things I really love,
It’s other things I’m really after.

Truly or not,
I have to admit it :
I walked through life
as if it wasn’t mine.

No matter how careful you can be,
no matter how much attention you pay,
It will always be too late,
because you only live once.

Un giorno trovero una parola
che penetri il tuo corpo e ti fecondi,
che si posi sul tuo seno
come una mano aperta e chiusa al tempo stesso.
Incontrero una parola
che trattenga il tuo corpo e lo faccia girare,
che contenga il tuo corpo
e apra i tuoi occhi come un dio senza nubi
e usi la tua saliva
e ti pieghi le gambe.
Tu forse non la sentirai
o forse non la capirai.
Non e necessario.
Vaghera dentro di te come una ruota
fino a percorrerti da un estremo all’altro,
donna mia e non mia
e non si fermera neanche quando tu morirai.

Roberto Juarroz10383672_838806292814819_8914916198079191883_n

Il corpo sta alla terra come il cuore all’addio
bestie intrecciate che si appartengono per destino
nonostante la lotta.
Prima si perde il sonno, poi i capelli, poi
tante parole fino a io, quella che tiene tutto.
Dopo dilaga l’urlo che stava quieto per educazione,
si rende l’anima al cielo da cui cadde – sei animale,
sei pronto.
C’e un ordine, in ogni morire, che conquista.
Di che cosa ragiono? Piu di nulla,
prevedo i temporali,
lascio che l’autunno mi riguardi, resto fuori,
faccio equazioni fino all’alba
tra un’aquila e uno specchio, scommetto
di tramutare un sasso nel sasso di sempre
sotto gli occhi degli altri,
che ogni cosa sia la stessa cosa se la guardo.
Sento che e poco,
voglio che sia meno.
Sognare un ago immenso che cuce inutilmente il cielo.

Silvia Bre

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Un’impazienza d’ali, dentro di me, improvvisa.
E l’impulso del volo, se non ancora
la direzione del volo. Qualcosa
mi ha chiamata, qualcosa mi risponde.
Io che rispondo sono sconosciuta
a me stessa come la voce che mi chiama.
Certezza senza mappe e l’invisibile,
le sue vie hanno nel cuore il loro azimut.
Come rondine al suo primo viaggio,
io non so quale mare dovro traversare,
ma mi preparo oscuramente a traversarlo.
Margherita Guidacci12994448_822900091147279_5845810267146157400_n

L’ Ellespontica

 

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Seduta sulla riva dell’Ellesponto
guardo le onde fluire e rifluire
tra Grecia e Asia. Le guardo da secoli,
ormai celata agli uomini. Il mio volto
si confonde alle rupi, ma l’ambigua
luce dell’alba o della sera vi traccia
a volte quasi un sorriso: poiché io vidi
simili a quelle onde le schiere di Serse
venire contro i lidi greci a morirvi,
cercando fama e trovando ignominia,
vidi spezzarsi come si spezza l’onda
la potenza del re! Per l’opposto cammino
io vidi poi Alessandro allontanarsi
come un vento fulgente, a suscitare
tutti i riflessi d’Asia.
Ma il destino
di Persiani e di Greci appena strinse
un attimo del mare, e quelle onde
che prima furono (e sono, e saranno)
nel loro moto effimero ed eterno
hanno ignorato vinti e vincitori,
null’altro sanno fuorché il proprio andare
senza posa tra lidi alterni. Il loro
canto non è peana né epicedio,
mentre rendono al cielo quei bagliori
per cui l’Efesio pensò che del fuoco
fosse il mare la prima metamorfosi,
e se ne avviva il mio volto di pietra
nell’arcano sorriso.

Margherita Guidacci

Tomas Tranströmer

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Sento cadere le pietre che abbiamo gettato,
Cristalline negli anni. Nella valle
Volano le azioni confuse dall’attimo
Gridando da cima a cima degli alberi, tacciono
Nell’aria piu leggera del presente, planano
Come rondini da cima
A cima dei monti finché
Raggiungono l’altopiano piu remoto
Lungo la frontiera con l’aldila.
La cadono
Le nostre azioni cristalline
Su nessun fondo,
Tranne noi stessi.

Tomas Tranströmer

In questo momento non chiedere
com’e apparsa questa commozione,
cosi improvvisa, cosi frettolosa,
cosi fugace.
Non c’e mente che lo pensi:
e percezione e silenzio.
Attimo e che non fai in tempo
a dirgli: „Fermati, sei bello…
 
Kostas Sterghiopulos
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Marina Tsvetaieva

Les nuits sans celui qu’on aime – et les nuits
Avec celui qu’on n’aime pas, et les grandes étoiles
Au-dessus de la tete en feu et les mains
Qui se tendent vers Celui –
Qui n’est pas – qui ne sera jamais,
Qui ne peut etre – et celui qui le doit…
Et l’enfant qui pleure le héros
Et le héros qui pleure l’enfant,
Et les grandes mon­tagnes de pierre
Sur la poi­trine de celui qui doit – en bas…

Je sais tout ce qui fut, tout ce qui sera,
Je connais ce mys­tere sourd-muet
Que dans la langue men­teuse et noire
Des humains – on appelle la vie.

Van-Hove_thumb

W. H. Auden

”BLUES IN MEMORIA”regret-1_thumb1

Fermate tutti gli orologi, isolate il telefono,
fate tacere il cane con un osso succulento,
chiudete i pianoforti e fra un rullio smorzato
portate fuori il feretro, si accostino i dolenti.

Incrocino gli aereoplani lassù
e scrivano sul cielo il messaggio Lui È Morto,
allacciate nastri di crespo al collo bianco dei piccioni,
i vigili si mettano i guanti di tela nera.

Lui era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;
pensavo che l’amore fosse eterno: avevo torto.

Non servono più le stelle: spegnetele anche tutte;
imballate la luna, smontate pure il sole;
svuotatemi l’oceano e sradicate il bosco;
perché ormai nulla può giovare.


”FUNERAL BLUES

Stop all the clocks, cut off the telephone,
Prevent the dog from barking with a juicy bone,
Silence the pianos and with muffled drum
Bring out the coffin, let the mourners come.

Let aeroplanes circle moaning overhead
Scribbling on the sky the message
He Is Dead,
Put crêpe bows round the white necks of the public doves,
Let the traffic policemen wear black cotton gloves.

He was my North, my South, my East and West,
My working week and my Sunday rest,
My noon, my midnight, my talk, my song;
I thought that love would last for ever: I was wrong.

The stars are not wanted now: put out every one;
Pack up the moon and dismantle the sun;
Pour away the ocean and sweep up the wood.
For nothing now can ever come to any good.