O tempo, ce ne andiamo via con te.
Finirai, finiremo. Finiranno
i volti amati e quando sarà spento
quell’ultimo chiarore dietro il monte
chi ripopolerà questo deserto?
Il tempo che la falsa fede invalida
e che la vera fede rende certa
l’avvicendarsi delle colorate
nubi alle nubi grigie che difendono
fino all’ultimo il buio della notte
– fino a che si trasformano nell’oro
vincitore dell’alba – il freddo punge.
Il tempo che alle mura edera aggiunge
e che il nitore delle statue screzia
nondimeno di morte dita allunga.
E se di rughe la bellezza ragna
e la purezza del mattino vela
ombre spente prepara alla campagna
e fa che non sia più tonda la luna
ma di tenebra doppia quell’immagine
incurvandola fino a che si spezza.
Il tempo tomba della giovinezza
il tempo incanto della lontananza
il tempo muto soliloquio d’anni
che vanno verso la discesa dove
ogni umana vicenda s’interrompe,
il tempo che affrettandosi si perde
il tempo che indugiando si guadagna
il tempo costruzione evanescente
e misura più salda del diamante
che punteggia la tua vita di raro
benessere e di errori incancellabili,
il tempo manca a chi tardi si pente.
Il tempo che si avvolge su se stesso
immobile per chi morte desidera
il tempo impercettibile misura
che l’essenziale dal superfluo scinde
né allo scaduto corollari aggiunge,
il tempo che della sua grazia illumina
e inesorabilmente tutto annienta
il tempo indistruttibile alla noia
quanto labile alla felicità
il tempo inesauribile rinasce
ogni anno ogni stagione allo spuntare
d’un’alba incerta tra morire e vivere
tra un desistere e un ricominciare.