Izet Sarajlic,”Ti dedico i miei occhi”

 

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Ti dedico i miei occhi, le mie labbra, i miei denti.
Le poesie? Che te ne fai delle mie poesie scritte perchè
non sapevo tacere?
Che te ne fai delle mie poesie che non ti possono amare?
Com’è bello che non siamo né uccelli né devoti all’imbrunire
e non abbiamo le ali ma le braccia.
L’ultima cosa che ci attende non può essere la nostra morte,
perché i desideri del nostro sangue da qualche parte devono  continuare.
Tu sei una donna piccola,
tu sei una piccola donna,
e un immortale agosto ti ha portato nelle mie ballate.


Resta col mio ti amo che sopravviverà a tutte le mie
lamentevoli nenie, a tutte le mie trasformazioni.
Resta accanto ai miei occhi.
Sopravviveremo a noi stessi,
non solo nel tumulo delle  nostre tombe,
perchè abbiamo saputo, abbiamo saputo, teneri e superbi,
fuggendo dai coltelli e dalle granate, uccidere gli angeli in noi,
continuando a restare angeli.
Posteri, cercateci qualche volta seguendo un filo rosso,
solo i nostri corpi giaceranno sotto la terra muta,
ma calpestate piano,
per non ferire le nostre labbra,
e per non pestare i nostri sguardi morti.

Izet Sarajlic,”Ti dedico i miei occhi”

 

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Ti dedico i miei occhi, le mie labbra, i miei denti.
Le poesie? Che te ne fai delle mie poesie scritte perché non sapevo tacere?
Che te ne fai delle mie poesie che non ti possono amare?
Com’e bello che non siamo né uccelli né devoti all’imbrunire
e non abbiamo le ali ma le braccia.
L’ultima cosa che ci attende non puo essere la nostra morte,
perché i desideri del nostro sangue da qualche parte devono continuare.
Tu sei una donna, piccola,
tu sei una piccola donna
e un immortale agosto ti ho portato nelle mie ballate.
Resta col mio ti Amo che sopravvivera a tutte le mie
lamentevoli nenie, a tutte le mie trasformazioni.
Resta accanto ai miei occhi.
Sopravviveremo a noi stessi, non solo nel tumulo delle nostre tombe,
perché abbiamo saputo, abbiamo saputo, teneri e superbi,
fuggendo dai coltelli e dalle granate uccidere gli angeli in noi
continuando a restare angeli.
Posteri, cercateci qualche volta seguendo un filo rosso,
solo i nostri corpi giaceranno sotto la terra muta,
ma calpestate piano,
per non ferire le nostre labbra,
e non pestate i nostri sguardi morti.

Álvaro de Campos,”A Melhor Maneira de Viajar é Sentir”

Afinal, a melhor maneira de viajar é sentir.
Sentir tudo de todas as maneiras.
Sentir tudo excessivamente,
Porque todas as coisas sao, em verdade, excessivas
E toda a realidade é um excesso, uma violencia,
Uma alucinaçao extraordinariamente nítida
Que vivemos todos em comum com a fúria das almas,
O centro para onde tendem as estranhas forças centrífugas
Que sao as psiques humanas no seu acordo de sentidos.

(…)

Sou um formidável dinamismo obrigado ao equilíbrio
De estar dentro do meu corpo, de nao transbordar da minh’alma.
Ruge, estoira, vence, quebra, estrondeia, sacode,
Freme, treme, espuma, venta, viola, explode,
Perde-te, transcende-te, circunda-te, vive-te, rompe e foge,
Se com todo o meu corpo todo o universo e a vida,
Arde com todo o meu ser todos os lumes e luzes,
Risca com toda a minha alma todos os relâmpagos e fogos,
Sobrevive-me em minha vida em todas as direçoes!

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Rainer Maria Rilke,”Les roses” -” Las rosas”

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Ne parlons pas de toi. Tu es ineffable
selon ta nature.
D’autres fleurs ornent la table
que tu transfigures.

On te met dans un simple vase -,
voici que tout change :
c’est peut-être la même phrase,
mais chantée par un ange.

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No hablemos de ti. Eres inefable
por naturaleza.
Otras flores adornan la mesa
que tú transfiguras.

Te ponen en un simple jarrón -,
y he aquí que todo cambia:
es la misma frase, quizás,
pero cantada por un ángel.

Jorge Luis Borges,”Arte Poética”

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Guardare il fiume fatto di tempo e di acqua
E ricordare che il tempo è un altro fiume.
Sapere che noi ci perdiamo come il fiume
E che i volti passano come l’acqua.

Sentire che la veglia è un altro sogno
Che sogna di non sognare e che la morte
Che la nostra carne teme è questa morte
Di ogni notte, che si chiama sogno.

Vedere nel giorno e nell’anno un simbolo
Dei giorni dell’uomo e dei suoi anni.
Convertire l’oltraggio degli anni
In una musica, una voce e un simbolo.

Vedere nella morte il sogno, nel tramonto
Un triste oro, tale è la poesia
Che è immortale e povera. La poesia
Torna come l’alba e il tramonto.

Talora nel crepuscolo un volto
Ci guarda dal fondo di uno specchio:
L’arte deve essere come questo specchio
Che ci rivela il nostro proprio volto.

Narrano che Ulisse, sazio di prodigi,
Pianse d’amore scorgendo la sua Itaca
Verde e umile. L’arte è questa Itaca
Di verde eternità, non di prodigi.

Ed è pure come il fiume senza fine
Che scorre e rimane, cristallo di uno stesso
Eraclito incostante, che è lo stesso
Ed è altro, come il fiume senza fine.

(traduzione di Domenico Porzio)

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Mirar el río hecho de tiempo y agua
Y recordar que el tiempo es otro río,
Saber que nos perdemos como el río
Y que los rostros pasan como el agua.

Sentir que la vigilia es otro sueño
Que sueña no soñar y que la muerte
Que teme nuestra carne es esa muerte
De cada noche, que se llama sueño.

Ver en el día o en el año un símbolo
De los días del hombre y de sus años,
Convertir el ultraje de los años
En una música, un rumor y un símbolo,

Ver en la muerte el sueño, en el ocaso
Un triste oro, tal es la poesía
Que es inmortal y pobre. La poesía
Vuelve como la aurora y el ocaso.

A veces en las tardes una cara
Nos mira desde el fondo de un espejo;
El arte debe ser como ese espejo
Que nos revela nuestra propia cara.

Cuentan que Ulises, harto de prodigios,
Lloró de amor al divisar su Itaca
Verde y humilde. El arte es esa Itaca
De verde eternidad, no de prodigios.

También es como el río interminable
Que pasa y queda y es cristal de un mismo
Heráclito inconstante, que es el mismo
Y es otro, como el río interminable.

 

Deniky Jiří Orten,” La cosa chiamata poesia”

 

O assorti occhi – occhi al di là degli occhi
occhi altri, dei quali lo sguardo non commuove
voi della fede cugini remoti dalla luce
voi per i quali balsamo è ciò che non si sana
voi spie di amori con tutti i loro niente
voi che nel tempo della gioia gemevate
voi prima della morte già dalla morte presi
voi che sfuggite le poesie e le ragazze
voi foglioline piccole streghe gentili
che scovano i portelli segreti dell’androne.

O assorti occhi – occhi al di là degli occhi
con voi contemplare i seni di un’amante
con voi dissimularli con voi sognare di loro
voi risoluti per sempre a fare muta ogni voce
voi risoluti per sempre a non vedere più
voi unici voi vaghe iridi
voi che sapete con la sapienza di Dio
di un cuore assetato
che l’aver sete è come un eterno inverno
o assorti occhi – occhi al di là degli occhi

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Eugenio Montejo,”La Poesia”

La poesia attraversa la terra in solitudine,
appoggia la sua voce sul dolore del mondo
e niente chiede
– nemmeno parole.
Arriva da lontano e senza orario, non avverte mai;
ha la chiave della porta.
Entrando si sofferma sempre ad osservarci.
Poi apre la sua mano e ci offre
un fiore o un ciottolo, qualcosa di segreto,
ma tanto intenso che il cuore palpita
troppo veloce. E ci svegliamo.

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